
Succede sempre più spesso che i quotidiani italiani, storicamente poco interessati alle forme di racconto popolare come la tv, parlino di questo affascinante mezzo e dei suoi contenuti. Tra questi, negli ultimi dieci anni è cresciuta sempre di più una produzione di serie di grande ricchezza produttiva e grande successo. Questi prodotti sono a puntate, come i romanzi che scriveva Dumas: il lettore segue certo il dipanarsi della vicenda per il gusto di ogni momento, ammirando la recitazione, la sceneggiatura, la regia, la fotografia, i costumi e gli effetti speciali; considera anche la relazione tra queste forme narrative e i feuilleton, in un contesto sia storico che meramente estetico; prende appunti durante la visione per un saggio che sta scrivendo sull’evoluzione dei generi formulaici nel terzo millennio dell’era cristiana; oltre a fare tutto questo, il fruitore è interessato, sciocco, stolto, folle, alla trama, e con crescente curiosità aspira a conoscere la soluzione finale della storia, per quanto imbecille. È un fenomeno normale presso i deficienti, si sa, così appassionati alle quisquilie mentre la società liquida scivola verso la condizione di non luogo culturale, epifenomeno desolante della vita biologica. Ma d’altronde cosa ci possiamo fare, porca di quella troia? Se però su Repubblica escono articoli che presentano le suddette cazzo di serie qualche giorno prima che una rete italiana cominci porca Eva a trasmetterne una, e nel medesimo cazzo di articolo di presentazione si racconta il finale dell’intera stagione, ecco che improvvisamente cazzo di quella merda i testicoli cadono a terra, rotolano in una canalina di scolo, qui trovano ovaie e altri coglioni di lettori di Repubblica che avrebbero voluto seguire con passione la seconda serie di Homeland ma ormai non possono più farlo, e insieme intonano uno yodel a tema blasfemo, lanciando maledizioni all’indirizzo della redazione tutta.
PS – Resta l’interessantissima opzione del saggio sui generi formulaici, che lo spettatore può scrivere nello stile che preferisce, meglio se raggiungendo la taglia di un vero e proprio pamphlet, per poi infilarselo di slancio su per il culo.